Cuneus prophetarum/VT/1/3
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SCALA .I. DISCORSO .III. COME LI PROFETI MOSTRARONO LA SANTISSIMA TRINITA. 1. Essendosi nel precedente discorso con ragioni efficacissime chiaramente dimostrato, che Dio è trino in persone, & uno in essenza, e che altrimente quello essere non possi: hora con la Sacra scrittura, alla quale contradire non si deve, l'istesso provar si intende. E per comprobazione di questa verità si legge nella Genesi al cap. 1. Faciamus hominem ad imaginem, & similitudinem nostram, dove s'avverte, che Dio essendo uno in natura non dice, facio, in singolare, mà per mostrare la pluralità delle persone dice, faciamus, così non dice ad similitudinem meam; mà nostram in plurale: e questa interpretazione viene dichiarata de fide dal Concilio Sirmiense nel cap. 14. Si quis, quod scriptum est, faciamus hominem &c. non Patrem ad filium dicere; sed ipsum ad semetipsum, asserit, dixisse Deum. Anathema sit. 2 Nella Genesi al cap. 18. Dio apparve ad Abramo, & alzando gli occhi tre huomini gli apparvero starvi vicini à lui, li quali egli vedendo all'incontro li corse, & adorò fino à terra, dicendo: Domine, si inveni gratiam in oculis tuis &c. 3 In modo che vedendo tre, adorando quelli, dicendo à coloro, Signore, ci manifesta Abramo non solo per l'adorzaione, che ad altri convenir non poteva, che solamente à Dio è trino nelle persone, & uno in essenza: perche se tale non fosse, detto altrimente Abramo non haverebbe à quelle tre persone, Signore, e come un sono Dio quello adorato. 4 Che Abramo con Dio parlasse non si può arguir in contrario, non solo per le parole precedenti, oue dice il testo: apparuit autem ei Dominus: mà per le parole susseguenti, che sonano: Dixit autem Dominus ad Abraham. Et iui chiamato viene Dio con il nome Santissimo Tetagrammaton, quale non ad altri, che al vero Dio attribuir si deve. 5 Dice Esaia al cap. 6. me vidde Iddio sedendo sopra vn trono altissimo, e che le [ 13 ]cose, che teneua sotto di se, empivano il Tempio, & alcuni Serafini con sei ale: con alcune coprivano li piedi, con le altre la faccia, con altre volauano, e guardandosi l'uno con l'altro diceano con alta voce Santo, Santo, Santo, Dio degli esserciti; piena è la terra della tua gloria: le quali parole, come afferma il Galatino, furono esposte nella parafrase del Gionatan, e dicevano Santo il Padre, Santo il Figliuolo, Santo lo Spirito Santo. Mà perche manifesta troppo restaua la Santissima Trinità, furono dalli maligni, & ostinati Eebrei quelle in tutto levate, à fin che questa verità à confusione loro veder non si potesse; stante che in quel tempo la Biblia era solamente nella lingua Eebrea dalla venuta di Christo; poi fù tradotta in diversi linguaggi, massime in Eebreo, Latino, e Greco in conformità delle tre lingue poste nel titolo della Croce di Nostro Sign. Giesù Christo. 6 Geremia Profetta ci dimostrò questo altissimo misterio della SS. Trinità, mentre disse al cap. 1. A, a, a, Domine Deus; & al cap. 4: Heu, Heu, Heu, Domine Deus. Et Ezechiele al cap. 20. A, a, a, Domine Deus; & al cap. 11. Heu, Heu, Heu, Domine Deus. Atteso che altro non ci rappresenta la triplicata parola A, & Heu, che le tre persone Divine, e Dio in singolare l'unità dell'essenza l'istesso Dio. 7 Nell'Esodo al cap. 3. si legge, che volendo Dio mandar Moisè per liberar il Popolo d'Israele dalla servitù di Faraone, li habbi detto Moisè queste parole: Ecce ego vadam ad Filios Israel, & dicam eis: Dominus Patrum vestrorum misit me ad vos, si dixerint mihi; quod est nomen eius? quid dicam eis? Dixit Dominus ad Moysen. Ego sum, qui sum, ait; sic dices filijs Israel, qui est misit me ad vos. E soggiungendo disse: Dices filijs Israel; Dominus Deus Patrum vestrorum Deus Abraham, & Deus Isaac, & Deus Iacob misit me ad vos, hoc nomen est mihi in aeternum. Chi considera bene le triplicate parole di Dio, conoscerà d'avantaggio (non potendo essere superflue, e senza significato, e bastandoli solamente à dire per essere conosciuto d'esser Dio de Padri loro) che egli è trino in persone, ben cheei sia solo in essenza, e che tutte tre sono ab aeterno, mentre soggiungendo disse: hoc nomen est mihi in aeternum. Perche se così non fosse, non hauerebbe detto, che il suo nome fosse tale. 8 David profeta dice nel Salmo 66. queste parole: Benedicat nos Deus, Deus Noster, benedicat nos Deus: cioè ci benedica Dio Padre, benedica noi il Fgliuolo Dio nostro, perche incarnato; benedica noi lo Spirito Santo. 9 Nel Deuteron cap. 6. ci dimostra Moisè con queste parole, che Dio sia trino in persone, & uno in essenza: Audi Israel, Deus, Deus noster Deus unus est. Perche se trino in persone egli non fosse, non hauerebbe [ 14 ]triplicato Moise il nome di Dio, per dire poi che egli sia un solo. 10 Nell'Esodo al cap. 23. si legge, che Dio comandò, che tre giorni all'ano si sacrificasse: Tribus vicibus per singulos annos mihi festa celebrabitis. Di più al cap. 34. che ogni maschio tre volte all'anno di andare iu Gierusalemme tenuto fosse: Tribus temporibus anni apparebit omne masculinum tuum in conspectu omnipotentis Domini Dei Israel. Et à che fine creder possiamo, che Dio comandasse queste cose; se non per manifestarsi la Santisima Trinita; & acciòche à gloria sua quelle farsi douessero. Dunque da queste auttorità conchiuder dobbiamo, che Dio sia trino in persone, & uno in essenza. 11 Esaia dice nel cap. 40. Quis appendit tribus digitis Mollem Terrae. come à dire le tre persone Divine, e crearono, e mantengono l'Vniverso. 12 Gen. cap. 28. parlando del Patriarca Giacob dice: Tulit de lapidibus, qui iacebant, & supponens capiti suo dormivit in eodem loco; e poco dopo dice, surgens ergo mane tulit lapidem, quem supposuerat capiti suo, & erexit: la prima volta dice, pigliò delle pietre, e sottopose al suo capo; la seconda volta suegliandosi dice pigliò la pietra, che havea sottoposto al suo capo; come ciò possa essere, il Berescit Catana dottor Hebreo spiega, dicendo, che Patriarca Iacob pose tre pietre sotto la testa dicendo: si Deus vnit nomen tuum super me, quemamodum univit super Patres meos, fiant omnes unus: suegliandosi poi li trovò tutti tre fatti; uno perciò accepit lapidem, pose tre, e trovò vno; come à dire Dio Trino, & uno, uni il suo Santo nome con Giacob, dalla cui descendenza sono tutti li Christiani. 13 Salomone al cap. 30. de suoi proverbi per manifestarsi, che Dio non è senza figliuolo doppo haver detto per modo di maraviglia queste parole: Quis ascendit in Coelum, atque descendit? Quis constituit Spiritum in manibus suis? Quis colligavit aquas quasi in vestem? Quis suscitavit omnes terminos Terrae? dice immediate soggiungendo: quod nomen est eius? & quod nomen filij eius, si nosti? Chi non più che privo d'intelletto risponderà senza dubbio, Dio è il nome suo, perche non altri, che Dio può fare queste cose, e per conseguenza confesserà, che Dio habbi il suo figliuolo. 14 Iddio per bocca d'Esaia al cap. 66. dice queste parole: Nunquid ego, qui alios parere facio, ipse non pariam, dicit Dominus? si ego, qui generationem caeteris tribuo, sterilis ero, ait Dominus Deus tuus. Che è quanto detto hauesse: non resti alcuno di credere, che si come faccio partorir, e generar li altri, così anco io genero il mio figliuolo. 15 Il Padre eterno per boca di David nel [ 15 ]salmo 2. parlando col suo Vnigenito Figliuolo in Cielo dice: Filius meus es tu', ego hodie genui te: dice hodie ciò sempre, perche nell'eternità di Dio non vi è tempo passato, ò futuro; mà tutto è un, hodie, presente, perpetuo. Qui pure si riferisce: Ante luciferum genui te. 16 Volendo dimostrarsi Iddio Trino in persone, & uno in essenza, dice in Esaia al cap. 48. queste parole. Audi me Iacob, & Israel, quem ego voco: ego ipse, ego primus, & ego novissimus; manus quoque mea fundavit Terram, & Dextera mea mensa est Coelos. Chi considera bene la triplicata parola di Dio, s'avuederà, che egli è trino in pesone, e mentre disse manus quoque mea fundauit teram, & dextera mea mensa est Coelos; mostra, che egli è un solo in essenza. E che sia vero, che egli sia tale, soggiungendo con queste parole: Accedite ad me, & audite hoc: non à principio in abscondito locutus sum, ex tempore antequam fierent ibi coram, nunc Dominus misit me, & Spiritus eius. 17 Perche da quelle distinse le tre persone divine una mandata, e le altre mandanti, chiaramente si veggono: la mandata apertamente si scorge, che è quella, che parla, e che lei è Dio: rispetto che immediate soggiunge il testo dicendo: haec dicit Dominus, Redemptor tuus Sanctus Israel. le mandanti sono parimente Dio; atteso che dice la persona mandata: Deus misit me, & Spiritus eius. Adunque essendo Dio un solo in essenza, ne seguita per le ragioni sudette, che egli sia trino in persone; perche la persona mandata detto non hauerebbe: Deus misit me, & Spiritus eius. 18 Si conferma con il sudetto Testo quello, che dice Zacaria al cap. 2. lauda, & laetare filia sion, quia ecce ego venio, & habitabo in medio tui, ait Dominus, & applicabuntur gentes multae ad Dominum in die illa, & erunt mihi in populum, & habitabo in medio tui, & scies, quia Dominus exercituum misit me ad te. Chi non vede che quì Dio è il Mandante, & il suo unigenito figliuolo è il mandato. E soggiungendo dice: Deus misit me, & Spiritus eius. Quessto è lo Spirito Santo; perciò disse l'Angelo Gabriele à Maria: Quod natum est in te, ex Spiritu Sancto est. 19 Mà perche la testimonianza della verità eterna Christo Signor Nostro mai viene meno, come egli medesimo dice: Coelum, & Terra transibunt, verba autem mea non praeteribunt. E necessario venire alli testi del suo Santo Euangelio, quale non altro fuor delle parole, & atti di Giesù Christo contiene, & è pieno, che Dio in tre persone è un solo Dio: e quello di San Giovanni cap. 14. Creditis in deum, [ 16 ]& in me credite. Di più cap. 5. epistola 1. Tres sunt, qui testimonium dant, Coelo, Pater, Verbum, Spiritus Sanctus, & hi tres vnum sunt. Euntes praedicate Euangelium omni Creaturae, baptizantes eos in nomine Patris, & Filii, & Spiritus Sancti. San Matteo dice al cap. 3. & 17. Hic est filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui, Il medesimo al cap. 16. Tu es Christus filius Dei viui: e San Giovanni al cap. 5. e 18. Iudaei quaerebant Christum interficere, quia non solum solvebat sabbathum, sed & Patrem suum dicebat Deum, aequalem se faciens Deo; e San Giovanni cap. 10. Omnia, quae habet Pater, mea sunt. 20 San Matteo cap. quarto, San Marco cap. 1. San Luca cap. quarto: Per Spiritum Sanctum se ipsum obtulit. Di più San Luca cap. secondo Spiritus Sanctus superveniet in te, e San Matteo cap. primo. Quod in ea natum est, de Spiritu Sancto est. Con altri luoghi innumerabili nell'Euangelio si prova la Santissima Tirnità in Dio: mà lasciamo per hora li Testimonij dell'Evangelio. 21 Vediamo intanto le auttorità de Cabalisti, e delli Antichi Rabbini Ebrei. Gli Cabalisti, e che dalli Ebrei, savij della verità chiamati sono: benche la loro Dottrina sia profana, non negarono maj, che Dio non sia Trino in persone, & uno in essenza; poiche nel libro intitolatto Zohar, la prima persona viene da loro chiamata, Sephira, che vuol dire, Padre; e dicono essere senza principio, e senza fine. La seconda la chiamano Sapienza, colla quale dicono, cheil mondo fù creato; e questa da loro è chiamata principio, si come è scritto; col principio creò Dio il Cielo, e la terra. La terza la chiamano Intelligenza: e perche intendiamo noi per Sapienza il figliuolo Dio; di qui è, che chiamando loro la Prima persona Padre: ne potendo esser Padre senza figliuolo, ne figliuolo senza padre, essendo correllativi: si deve assolutamente affermare, che la seconda persona da loro chiamata Sapienza, sia senza dubbio il figliuolo di Dio: e chiamando loro la terza persona Intelligenza; ne potendo essere quella, se non lo Spirito Santo' come lo manifesta Giob al cap. 20. ET Spiritus intelligentiae meae respondebit mihi; & Esaia al cap. 11. mentre parla del Messia. Et requiescet super eum Spiritus Domini, Spiritus Sapientiae, & intellectus, vengono parimente ad affermare, che la terza persona sia lo Spirito Santo, e per conseguenza, che Dio sia trino in persone, & uno in essenza. [ 17 ]22 Ci manifesta anche Esaia nelle sopra allegate parole del cap. 11. questa verità, poiche havendo provato non solo per la Sacra Scrittura; mà anche per li cabalisti, che la prima persona della Santissima Trinità sia il Padre: la seconda chiamata da loro Sapienza, sia il Figliuolo: e la terza chiamata da loro Intelligenza, sia lo Spirito Santo, ne seguita, che se lo Spirito di Sapienza è Figliuolo, e quello di Intelligenza lo Spirito Santo; che lo Spirito del Signore sia il Padre, e per consequenza, che Dio sia trino in persone, & uno in essenza, ò natura. 23 Gioseffo Ciantes Vescovo di Marsicò prova evidentemente con testimonij degli Eebrei antichi Dio essere uno in essenza, e trino in persone, e porta per il primo testimonio il vecchio Rabbino Hai Gaon da tutti li Ebrei talmente creditato, e tenuto per sapiente, che unitamente viene da loro chiamato lume di sapienza. Egli dice,come nelle seguenti parole. 24 Hora dichiarerò à voi le tre luci eccelse, che sono sopra le dieci intelligenze, e da nostri vecchi Santi habbiamo ricevuti i loro nomi. Luce antiqua; luce pura; e luce purificata. Queste tre luci sono nell'Infinito. 25 Segue Rabbin Chamai Gaon. Questi tre nomi tutti sono nelle radici di tutte le radici, soggiungendo. E dalla luce antiqua, si protrae il pensier mondo, si come sono protratti i pensieri del cuore: dalla luce clarificata, e dalla luce chiara come da due fonti si protrae il madah, & fechet; per mezo di queste riceuono l'essere le fiamme Spirituali l'una nell'altra, e l'una col'altra. Dichiara le sudette voci l'eruditissimo Gioseffo Vescovo sudetto: la luce Antica, e la prima delle tre luci eccelse: la luce Clarificata è la seconda: la luce Chiara è la terza. Il pensiero mondo è la prima Intelligenza, ò sephira. Il madah, ò scienza è la seconda intelligenza. Il secchel, ò intelletto è la terza: le fiamme spirituali sono le altre sette Intelligenze, e queste dieci ancora hanno il nome si sephirot. 26 Il Rabbino Ieuda Chaiat esprime nelle seguenti parole. Habbiamo ancora inteso da questo, che l'Azilut camina, à Tre, di Tre, in Tre, e questo per cagione, che nasce da quelle tre gocciole, che stanno nell'Infinito. 27 Potriano porsi altri Rabbini Ebrei addotti dal sudetto Autore circa le tre luci arcane, e Divine: mà potendosi evidentemente raccogliere, ce li antichi Ebrei hanno poste avanti tutto l'essere creato in Dio più cose esistenti, e queste l'hanno ristrette al solo numero di tre. Prova parimente il sopra nominato autore [ 18 ]nel capitolo secondo, come secondo la sentenza degli Ebrei frà queste tre luci vi è processione, e che una procede dall'altra e nel capitolo terzo prova, che la distinzione, che hanno frà di loro le tre luci eccelse, sia reale: e che siano una cosa stessa con l'essenza: tutto prova con testimonij chiarissimi delli Rabbini Ebrei. Mà perche la nostra lingua Albanese è scarsa di termini requisiti à simil spiegazione, e perche dalle sopra allegate ragioni sufficientemente resta conuinto l'opposito: però tralasciamo il procedere più avanti in questo proposito. |
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SCALA .I. LIGIERATA .III. SI E CALLEƐVENE PROFETETE TE SCENE TRITATNE. 1 Tue κjanè ndetè parèt ligierarè mejaft celè, e me rrèssegne tè foorta κaλeɛuem, se ɛotȣnè ansctè ndè tre vettè gnia i vettemi Hȣj: e se ndrȣscej nuκè mundetè me κjanè: Tasc me tè scruemit scent; t' siλit nuκè mundèmi me cundèrstuem, pò leftojme me caλèɛuem. E pèr forzètè κèssaj sè derejtè giagnèmè ndè Gèn. cap. I. Bagnemè Nierinè, mbè ghasset', e scembeltȣrèt' tanè, atȣ duhetè tue vum roe, se Hȣji, tue κjanè gnia ndè Natȣrè, nuκè ξξotè; Bagn possi cuur t'isc vettèmè; pò pèr tè caλèɛuem sciochienijn' e tre vettèue, ξξotè Bagniemè. Asctu ende nuκè ξξotè mbè scembeλtȣrèt teme, pò tanèt, sciumizè, e κèsctu na vien caλèɛuem pèr Fèe prej Cuvendit Sirmiensit ndè cap. 14. Ndè ξξasctè cuurre cusc Bagnèmè Nierinè &c. se nuκè flet Ati Birit, pò sè aj vetè vetèhessè flet; Chioftè maλècuem, e liξunè, e mbajtunè. 2 Ndè Gen. cap. 18. jù duκ ɛotȣnè Abramit, e tue ciuem sȣȣtè tre vettè jù duκnè affere tijnaj, tè sijtè aj tue i paam ù duel pèrpara, e i aξeroj ndjere mb' ξèe, tue ξξanè, ò ɛot ndè gieta bijr ndèr sȣȣtè tuu, &c. 3 Achià saa, tue paam trè, e tue ù bindunè atȣnè, e tue ξξanè, ɛot, na caλèɛon Abrami; jò vecèsse me tè aξeruemit', chi tjeter cuj nuκè perκet, jasctè sineɛot: pò ende, ndè pèr fjalet ξξanè atȣnè, se ɛotȣnè ansctè ndè tre vette gniaj vettèmi Hȣj. Pèrse me mos κjanè asctu, Abrami nuκè κisc me passe ξξanè atȣnè tre vettèue, ò ɛot, e pèr gni tè vetèminè Hȣj me i aξèruem. 4 E se Abrami foli me Tènèɛonè, mboh nuκè mundèmi mej raam; jò vece prato fjalè tè para, pò ende prato chi ndjeκènè, cuur ξξotè tè scruemitè: Se jù duκ atij ɛotȣnè: pò ende ndè pèr ato fjalè chi n' djeκènè cur ξξà ɛotȣnè Abramit, e mbatè vend' vjen pomendunè ɛotȣnè, me atè emenè tè mbrecuλuescim, Tetagramaton, issiλi curraj tjetèr cuj nuκè pèrκet, jasctè Hȣjit Chièλet. 5 ξξotè Isaia ndè cap. 6. se paa Hȣjn' e maξ tè Chièλet, se pò rij mbè gni selij fort tè naltè, e [ 13 ]me chisc κisc ndènè vetèhè mbuscκè κiscenè. Dissa engije Serafina me giasctè κrahè, me dissa mbelojnè fachienè, me dissa κambetè, me dissa fluterojnè, e tue soditunè gniani tjetèrinè, κendojnè m' ɛaa tè naltè, Scenit, Scenjt, Scenit, Hȣji usctèrijuet. Plot ansctè scecuλi ngusceλimit sit. Tè sijatè fjalè possi ξξotè, Gaλatini letèrar, κjenè c' tieλè ndè Parafraset' tè Gionatan, e ξξoinè, Scenjt' Ati, Scenit' Biri, Scenit' Spijrti Scenjt; ma pèrse tèperè celè pò duκej Scent' Ndrijtati, κjenè prej sè maλècuemisc Giuξξign giξξè c' prisciunè, e hjeκunè, asctu chi κejò, e vèrtetè ndè pèr ξunètè tȣnè, tè mos duκej, pèrse asso κoheje, Biblia vecè isctè mbè Ghiuhetè Ieurèjet; Ani mbas s' arξunit se Chrisctit, ù κξȣe mbè dissaa Ghiuhè, e ma tèperè, Ieurejsct, letijnsct, e Gherchisc, ndè pèr trij ghiuher chi κjenè vum mbij Crȣjtè Chrisctit ɛotit tinè. 6 Ieremia Profetè na caλeɛon κeta tè naltè tè marre vesct' tè Scè Ndrijtatit, cuur ξξà ndè cap. 1. A, a, a, ɛoti Hȣj; e ndè cap. 4. Heu, heu, heu, ɛoti Hȣj. Et Ezechiel ndè cap. 20. A, a, a, ɛoti Hȣj, e ndè cap. 11. Heu, heu, heu, ɛoti Hȣj. Κetu tjetèr nuκè na caλeɛon trij herè ajò fjalè A, & Heu, vecessè tre vettè ndè Tènèɛonè, gnij vettèmi ndè Natȣrè. 7 Ndè Essod. cap. 3. Κendohetè se tue dasciunè ɛotȣnè me derguem Mojsèsne me nzierre Popuλinè Israèlit Robijet sè Faraonit, i ξξà Mojsessi κeto fjale. Gniè vne κam me vottè tè bijte Israèlit, e κam meu ξξanè, ɛotȣnij Prindet tijvè κà derguem muè juvè, ndè me ξξascinè, chisc emenè κaa? Chisc κam me ù ξξanè? ξξà ɛotȣnè Mojsessit. Vne jam, aj chi jam, ξξà κesctu κe me ξξanè bijet Israelit, Aj chi ansctè dergoj mue juvè: Ani mbèt, e ξξà: κe me ξξanè bijet Israelit ɛotȣnè Hȣji Abramit, e Hȣji Isaκut, e Hȣji Iacobit dergoj mue juvè: κȣ emenè ansctè mue pèr jettètè jettèssè. Cusc ven' mirè roe ato fjalè trijhèresc' tè Tinèɛot mejaft' κa me gnioftunè (pèrse nuκè munè jenè tèpèrize, e pa tè ndeghiuem, e tue mujtunè vecè me ξξanè pèr tu gnioftunè se ansctè Hȣji Prindet tȣnè) se aj ansctè ndè trè vettè ndonessè gni ndè natȣrè, ò tè κjanè: e se tè tre vettètè janè jetèt se jetèsse prasctu ξξà: Κȣ emenè ansctè mue pèr jetètè jetèssè: pèrse me mos κjanè asctu nuκè κisc ξξanè se emenitè tijnai ansctè asctu. 8 David Profeta ndè Salmitè 66. ξξotè κeto fjalè: Beκoftè neve Hȣji, Hȣji ȣnè beκoftè neue: Hȣji dò me ξξanè, na becoftè neve Hȣji Atè, becoftè neue Biri, Hȣji ȣne pèrse baam Nierij, becoftè neue Spijrti Scent'. 9 Ndè Deut. cap. 6. na caλeɛon Mojsessi me κeto fjalè se ɛotȣnè ansctè ndè Tre vetè gniaj vettèmi ndè tè κjanè. Ndeghiò Israet, Hȣji, Hȣji, ȣne, gni Hȣj ansctè. Pèrse me mos κjanè ndè Tre vettè, nuκè κisc trijheresc Mojsessi, me [ 14 ]pomendunè emenitè Tinèɛot, ani pèr tè ξξanè sè ansctè gnia. 10 Ndè Esod. cap. 23. gindetè se ɛotȣnè urξenoj chi trij herè ndè mottèmot, tè sacrificohej. Trij here, ξξotè, pèr giξξè vjetè mue festètè festoni. Endè ndè cap. 34. Chi giξξè Mascuλè trij herè ndè vjetet, tè jetè mbajtunè me vottè ndè Jerusalemt. Trij here ndè mottèmot, tè dalè pèrpara mue pusctuescimit ɛotit Hȣjit Israelit giξξè Mascuλi ȣt. E pèrse munè ξξoemi se Hȣji vrξenontè κeto punè vecè me na ceλeɛuem, tè Scè Ndrijtatne, asctu chi pèr lauditè tijnaj, ato punè tè banhescinè. Pra κessò descmignenijsc duhetè me ξξanè, se ɛotȣnè ansctè ndè Tre vettè gniaj vettèmi Hȣj. 11 Isaia ξξotè ndè cap. 40. Cusc mbà mbè tre ghiscta Reξne e scecuλit; possi cur me ξξanè tre vettètè Hȣjenuescim, e crijuene, e mbanè, e ruejnè giξξè scecuλinè. 12 Genes. cap. 28. Tue folè pèr Patriarchenè Jacob ξξotè se muer nguresc, chi iscinè mb' ξee, e tue i vum ndène κrȣe te vet fjet' mbàtè vend', e paκeɛe mbas andaj ξξotè. Tue ù ciuem ndenatijet, muer guurrè chi pat vum ndène κrȣetè vet, e cioj. Tè parenè herè ξξà muer guresc, e vu ndène κrȣe, e se dȣjti ξξotè tue ù ciuem muer gurre chi pat vum ndène κrȣe, si mundetè κejo punè me κjanè Berescitti Catana Dottouer jeurejsc, ctieλ tue ξξanè se Patriarca Jacob, vu tre gure ndène κrȣe tue ξξanè: Ndè bascκoftè ɛotȣnè emenitè vet mbij mue, possi e basκoj pèr mbij printè mij ù banfscinè giξξè gnia; Ani cur ù ciue i giet tè tre baam gnia, prasctu, muer guurre, vu tre, e giet gnia: Possi tè ξξoj se ɛotȣnè ndè tre vettè gniaj vettèmi Hȣj bascκoj emenitè vet Scenjt me Jacobnè prej se κuijt ghiuni, e fissi janè giξξè tè κersctenetè. 13 Salamoni cap. 30. ndè Proverb. pèrtè na caλèɛuem se Hȣji nuκè ansctè paa Bijr, mbassi pat ξξanè tue ù mbrecuλuem κeto fjale. Cusc hippèn mbè chièλt, ende sdripèn? Cusc curraj κa mbeleξè, Erete ndè Duerte vet? Issiλi κaa mbeleξunè ujenate possi ndè gni peteκ? Issiλi κaa ngrehunè, e ciuem giξξè anetè scecuλit? Ani nd', e ciast ξξotè: Si e κa emenite, e sij ξξonè t' Bijrt tijnaj, ndàdì? Cusc nuκè ansctè mendscit marre, κisc me pèrgiegiunè Hȣj ansctè emenite tijnaj: pèrse tjeter κusc nuκè mundetè mej baam ato cafsce, jasctè sineɛot, prasctu duhetè ende me ξξanè se κa Hȣji Bijr. 14 ɛotȣnè pèr gojetè Isaissè ξξotè κeto fjale ndè cap. 66. Aξξue une chi bagn te tjere me lèem, vette nuκè legn, ξξotè ɛotȣnè Hȣji ȣt. Une chi apign tjereve tè lèem κam vette me mbetunè pa frujt, ξξà ɛotȣnè Hȣji ȣt. Possicur te κisc ξξanè giξξè cusc tè bessogne, se une possi bagn me lem tè tjerè, asctu ende legn Bijrre tem. 15 Aati Amesciuescim pèr gojte Davidit ndè [ 15 ]Salmite 2. Tue folè me tè Bijrtè vet mbè Chièλt ξξotè. Biri em je ti une tȣ leva sod', ξξotè, Sod κinessè giξξè herè pèrse ndè amescimtè Tinèɛot, nuκè ansctè mot i scκuem, ò pèrtè arξunè, pò ansctè giξξè gni sod' i amesciuescim, e i pa menguem curraj. Asctu ende κetu pèrpichietè. Pare ȣλit Drittèsse leua tȣȣ. 16 Tue dasciunè ɛotȣnè meu caλeɛuem, se ansctè ndè tre vette gni Hȣj ξξotè Esaia cap. 48. κeto fjale: ndeghio mue Jacob, e Israel tè siλenè vne ξξerres. Vne vette, vne i pare, e vne ma j mbrami. E dora eme n' guλi ξeène, e Djaξta eme matti Chieλtè. Cusc vèn' bucure: roe atè fjalè trijherè ξξanè prej sinèɛot κa me paam se aj ansctè ndè tre vette, e cur ξξà: Dora eme nguλi ξèene, e Diaξta eme matti Chieλtè, Caλèɛon se aj ansctè gnia ndè natȣrè. E se κejò pèrtè gnimende ansctè κesctu, ndjeκ tue ξξanè κetò fjalè. Auiteniu ndaj mue, e giegieni κetè punè; jo se ɛani tineɛe κam folè juve assi motti pèrpara se curraj iscte baam gia atȣ κjesce, e tasc ɛotȣnè dergoj mue, e Spirti tijnaj. 17 Pèrse assò fjalesc bucurè mpossè duκenè tre vette ndè Tènèɛone, gniani chi dergon, e tjeteri chi ansctè derguem. Aj chi ansctè derguem ansctè, aj chi pò flet; è se ansctè ɛotȣnè, pèr se ndè ciast flet. Κeto punè pò ξξotè ɛotȣnè scelbuessi ȣt Israel: Aj chi pò dergon ende ansctè ɛotȣnè, pèrse ξξotè, aj chi ansctè derguem. Hȣji dergoj mue, e Spirti tijnaj. Pra tue κjanè ɛotȣnè gnia ndè natȣrè, duhetè ende me ξξanè sè ansctè ndè tre vette. Persè aj chi ansctè derguem nuκè κisc me ξξanè Hȣji dergoj mue, e Spijrti tijnaj. 18 Forzonetè κejò, e vertetè me chisc ξξotè Zacharia ndè cap. 2. Levdò, e gheɛou ò hija e Sionit, pèrse gniè une pò vign, e κam me geλijtunè ndè mjedis tȣ ξξà ɛotȣnè, e κanè meu sciochienuem sciumè gind me Tenèɛotnè asso ditteje, e κanè me κjanè mue per Popuλe, e κam me gelijtunè ndè Mjedist' tȣnè, e κee me dijtunè se ɛotij vscterijvet dèrgoj mue tȣ. Cusc nuκè scef se κetu Hȣji pò dèrgon, e i birij tij i vettemi ansctè dèrguem: Ani jet, e ξξotè: Hȣji dèrgoj mue, e Spijrti tijnaj, issiλi ansctè Spijrti Scent': Prasctu ξξà Engeλi Gabriel S. Mrijsse: Chisc ansctè ɛanè nteje prej Spijrti Scent' ansctè. 19 Ma pèrse descmignienia, e se vertessè amesciuescime Chrisctit ɛotit tȣnè, curraj mangu nuκè vjen, possi aj vette ξξotè, Chieλija, e ξeu κanè me scκuem, e fjaletè mia nuκè κanè meu dvarunè. Duhetè me arξunè mbè Descmignenitè Scentit Ungijλ', issiλi jò tjetèr vecè fjalescit, e veperascit se Jesu Chrisctit ansctè plot; se Hȣji ansctè ndè tre vette gnia i vettemi: Andaj ξξà i Scent' Gio: cap: 14. [ 16 ]Ndè bessoni Hȣjit, ende mue bessoni. Scent' Gio: cap. 5. epist. 1. Trè janè chi descmognènè mbè Chieλt', Ati, Fjala, e Spijrti Scenit; e κeta tè tre gnia janè; Tue votte prediconi Vngijλe giξξè creatȣrèvet, tue i pagheɛuem, Pèr emenitè Atit, e tè Birit, e tè Spijrtit Scent': ξξotè Scent' Matteu cap. 3. & 17. κȣj ansctè Biri em i dasciuni, issiλi mirè pelchien mue; pèrsèrij cap. 16. Ti jeè Chriscti Biri j Hȣjt giaλe, e Scent' Gio: cap. 5. & 18. Jevrejtè lȣpκescinè Chriscnè me vraam; pèrse jò vece pò c' priscentè Te scetundetè: pò ende pèrse ξξoj se Ati i tijnaj ansctè Hȣj, e mbahej gnimend me Tènèɛonè, e Scent' Gio: cap. 10. Giξξè saa κa Ati janè te mijatè. 20 Scent' Matteu cap. 4. Scent' Marcu cap. 1. Scent' Luca cap. 4. ξà vetehenè pèr Spirtit Scent'. Asctu ende Scent' Luca cap. 2. Spijrti Scent' κa me arξunè mbij tȣ, e Scent' Matteu cap. 1. Chisc ansctè ɛanè ndè tan', prej Spirti Scent' ansctè: Me tè tjera viste te pà gniehuna nd' Ungiλt', banhetè me dijtunè, e Scenjtenuescimeja Trinij ndè Hȣjt': Ma lame tasc descmignenijte Vngiλit, chi janè te pa gniehuna. 21 Scioffèmè ndèr cachia descmignienijne Cabalistet, e te Rabbignet, ò Mjesctret plech tè Giuξijet. Cabalistete, tè sijte ξξonè jeurejtè se janè tè dijtescimit' e se vertetessè. Ndonessè Dijeja, e tȣnè ansctè, e pa besse, as già mangu curraj nuκè raane mboh, se Hȣji nuκè ansctè ndè tre vette, gnia ndè Natȣrè. Pèrse ndè gni liber chi ξξonè, Zohar, i pari vette ndè Tènèɛonè ansctè emenuem, Sephira, chi dò me ξξanè Ate, e ξξonè ansctè i pa tè ɛanè fijλ', e i pa tè sossunè: I dȣjti vette ndè Tènèɛonè vjen emenuem Dijeja, me tè sijet ξξonè κjè' κrijuem scecuλi, e Hȣj ansctè prej sisc ξξirrè, Tè ξanè fijλ', possi ansctè scruem. Me tè ɛane fijλ Crijoj Hȣji Chielnè, e ξèenè. Tè trettenè vette ndè Tènèɛonè ξξerressène tè Ndeghiuem: E pèrse na ξξomi se Dijeja ansctè Biri j Tinèɛot: Andaj ata tue emenuem tè parenè vette ndè Tènèɛonè Ate: E Ati pà Bijr tue mos mujtunè me κjanè; As Biri pa Ate: Duhetè mbè giξξè arresȣe me ξξanè se i dȣjti vette ndè Tènèɛonè, chi ata ξξerressenè Dijeja, tè jetè pèr tè vèrtetè Biri j Tinèɛot. E pèrserij ata tue ξξirrè, tè trettenè vette ndè Tènèɛonè, Te ndèghiuem, issiλi tue mos mujtunè me κjanè tjeter, jasctè Spijrtit Scent'; possi na e caλèɛon Jobi cap. 20. E Spijrti t' ndeghiuemit tim, κa me mè pergiegiunè mue; & Esaia cap. 11. Tue folè per Messijne: E κa me pusciuem per mbij tan' Spijrti Tinèɛot, Spijrrij Diesse, e i Mendse. Asctu ende vignenè me ξξanè se i tretti vette ndè Tènèɛonè ansctè Spijrti Scenjt. Achià sa ende ata reffȣejnè se ɛotȣnè ansctè ndè tre vette gnia i vettemi Hȣj. [ 17 ]22 Asctu ende Esaia na caλeɛon ndato fjalè persiperi cap. 11. Κetà tè derejtè: Pèrse tue passunè ndjerè κetu caλeɛuem jò vecè tè scruemitè Scent': pò ende Cabalistitè, se i pari vette ndè Tènèɛonè ansctè Ati: e i dȣjti chi ata ξξerressènè Dijeja, ansctè Biri, e i tretti chij ξξerressenè tè ndèghiuem, ansctè Spijrti Scent'. Duhètè tasc me ξξanè se; ndanscte Spijrtij Dijesse Biri, e i t' ndeghiuèscemit Spijrti Scent'; Κjanèκa pra Spijrti Tinèɛot Ati: e ndèr cachia duhètè me Reffȣem se ɛotȣnè ansctè ndè tre vette gnia Hȣj. 23 Joseffi Ciantes Vpescκepij Marsicò bucurè caλeɛon me descmignenij tè Jeurejet plechie, se ɛotȣnè ansctè ndè tre vette gnia i vettemi ndè tè κjanè: e pèr tè paret Plaκ Rabbij, ò Mjescter Giuξξij, ansctè Rabini Haj Gaon, κesctu emenuem prej giξξè Jevrejsc, e achia mbajtunè ndèr tà pèr tè urtè, sa giξξè i ξξonè se ansctè dritta e dijesse, ξξotè possi ndieκ. 24 Tasc pò ù caλeɛoj une juve, ato tè trij dritte tè nalta, te sijatè janè permbij te ξjetè tè ndeghjuemet: e prej Plechiet sinesc scenjtenisc κemi passune emenat' e tȣnè. Dritta Plaκe, Dritta, e delire, e dritta e cuλueme: κetò tè trij Dritta janè ndatè chi ansctè i pa tè ɛanè, e tè sossune. 25 Ndieκ Rabbini Chamaj Gaon. Κeto tè trij emena janè ndè Ranzetè giξξè Ranzevet, tue ξξanè. E prej drittet Plaκe, rjeξ cujtimij cuλuem possi cur dalenè cujtimetè ɛemeret. Prej Drittet se delirè, e prej drittet se barξè, possicur dȣȣgurresc, Madahi, e Scheli, ende pèrκeto κanè, te κjanetè flaκessè Spijrtit gniana ndè tjeterèt, e gniana me tjetetèt. Na caλeɛon ato emena pèrsipèri fort i dijtescimi Gioseffi Upèsκepi j Marsicò emenum pèrsipèri: Dritta Plaκè ansctè e para e Drittavèt' naltavè: Dritta, e Delirè ansctè e Dȣjta; Dritta, e Barξè ansctè e tretta: e Cujtimij cuλuem, ansctè tè paretè tè ndèghiuem, chij ξξonè, Sephira: Madah, dò me ξξanè Dijeja, ansctè tè dȣjtètè tè ndèghiuem. Sechel dò me ξξanè mendja, e ansctè, e tretta Drittè. Flaκet', e Spijrtit janè sctattè tè tjera tè ndèghiuemè, e κeto tè ξjeta ende κanè emenitè Sephirot. 26 Rabbini Jeuda Chajat caλeɛon me κeto fjalè chi ndjeκenè: κemi endè ndiem κendȣj se Azilut, ezèn prej tresc, i trette, ndè trè: e κejò punè pèrse lèen assò trij Piκesc, chi janè ndè tè pa ɛanèt, e tè pa sosmit. 27 Mundenè meu vum κetu ende sciumè tè tjerè Rabbina Jevrejsc, pèr descmij chi pèrsipèri, me tè scruem κa pomendunè Dottori Upescκep pèr mbij κeto tè trij Dritta tè fsceffuna, e tè Hȣjenuescimè: Ma pèrse mundetè mejaft mirè me marrevèsct'; Pèrse Jevrejtè Plech κanè vum pèrpara giξξè Creatȣrèscit ndè Tènèɛonè sciumè cafsce chi janè, e giξξè i κanè ani [ 18 ]guem, e mbèleξè ndè trij cafsce. Caλeɛon ende Upescκepi pèrsipèri ndè cap. 2. se possi descmojne Jevrejte ndèr κeto Dritta ansctè gni tè mposse ndèr vetèhè, e gniana rjeξ s' jetèrèt, ende cap. 3 caleɛon se tè c' κuemitè chi κanè ndèr vetèhè ato tè trij Dritta tè nalta ansctè e vèrtetè ndèr Vetèhè; e se janè gnia me tè κjanèt giξξè caλèɛon me descmignenij fort tè cela, tè Rabbijèt Jevrej; Pò pèrse ghiuha jonè, e Arbènesce, ansctè, e vobeκè pèr fjalè chi duhèscinè pèr ti ctieλè ndjerè ndè sκajt', Pèrse ende ndè pèr ato arressègnè persipèri mejaft jet mujtunè, e sctremena, prasctu chiendrojmè, e nuκè scruejmè tjetèr pèr κeto punè. |