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Page:Labi 1998.djvu/207

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Luogotenenti veneti di stanza a Udine,[17] ma soprattutto dalle inchieste che la Curia patriarcale o gli uffici della Serenissima promuovevano per i più svariati motivi.

Nel 1602, il timore di ben diverso contagio turbava il vicario patriarcale Agostino Bruno, in visita pastorale in questi luoghi: il timore del contagio «luterano». Perciò, nel minuziosissimo questionario che somministrò ai curati, vi era anche la domanda se vi fossero parrocchiani che sapessero leggere e scrivere, e che frequentassero i paesi tedeschi. Le risposte dei parroci confermarono quel che già sappiamo sulla ripartizione del territorio e delle mete di emigrazione. Così, il preposito di San Pietro, che reggeva la parrocchia di Zuglio - una zona di tessitori e di sarti, diretti a sud - rispose: «Io governo circa de 450 anime de comunione, computando quelli che al tempo de pasqua di Resurrettione si trovano esser che a Venetia che nel Friuli, de quali in parte non vogliono portar la fede della confessione et communione, et altri pratticano l’Alemagna [...].»[18]

Ben diverso il tenore delle risposte nell’alta valle del But, in Incaroio, in vai di Gorto. Ad esempio il parroco di San Giacomo di Rigolato: «Sono tre [che sanno leggere e scrivere] cioè Nicolò Di Corte, Marco Di Corte, Leonardo di Puschiassis et Valantino Guartana, et non usano se non libri vulgari italiani. Et pratticano nella mia cura mercanti tedeschi di Viena et di Sanspurch; et quanto alle ginti che pratticano in terra todescha della mia cura, ne farò notta et la portarò a Vostra Signoria avanti che si parta di Gorto.»[19]

E stilò una Lista o ver memoria di tutti li cramari [...] quali vano l’inverno per guadagnarsi il viver con varia sorti di marcanzia in Allemagna, nel paese di Esterai. Il documento è datato 9 novembre; gli emigranti erano partiti tutti, o quasi. Distinti per ville, risultarono assenti 71 persone. In quell’anno, nella parrocchia di Rigolato, si contavano 80 fuochi, circa 400 abitanti: quei 71 emigranti rappresentavano quasi il 18% del totale della popolazione, la metà degli uomini.[20]

Il perdurare del fenomeno, e la sua sostanziale immutabilità nel tempo, è testimoniata da una seconda serie di documenti. In molti villaggi della Carnia era diffusa la tradizione - che trova riscontro, a quanto se ne sa, soltanto in poche altre zone alpine[21] - di predisporre una cerimonia anche per coloro che morivano al di fuori del villaggio. Si trattava di un vero e proprio funerale, celebrato - per così dire - senza il protagonista principale.

Queste esequie vennero registrate nei registri parrocchiali al pari delle cerimonie funebri regolari, benché non sempre, non dapertutto e purtroppo

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FERIGO: «LA NATURA DE CINGARI»