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Page:Labi 1998.djvu/206

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prime per fabbricarli (ad esempio, il cremor tartaro); o farmaci d’invenzione casalinga: dove per invenzione casalinga si deve intendere lo sfruttamento a scopo commerciale delle antiche conoscenze erboristiche, e l’elaborazione di rizette e rezipe tratte dai libri colti, di cui si è documentata la notevole diffusione.[9]

La seconda corrente migratoria, meno consistente (in media, il 16,3% dei maschi adulti), si avviava dalla valle del But sotto Randice, dalla conca tolmezzina, dalla vai del Lago, dalla vai Tagliarnento e dalla sua collaterale del Lumiei, e dal basso Gorto; aveva per mete pressocché universali la pianura friulana, l’Istria, il Trevigiano ed in genere il Veneto, nonché i due principati vescovili di Trento e di Brixen/Bressanone. Essi erano artigiani: in particolar modo praticavano mestieri legati alla filiera del tessile e dell’abbigliamento (tessitori, cardatori, sarti, cappellai). Nella tessitura i camici godevano di buona fama da lungo tempo: «la propria arte è tessere panni di lana, ma più di lino, nel che sono eccellenti e rari».[10]

Anche questa era una filiera mutila, che prevedeva altrove - nella vicina Kartnen/Carinzia o nella lontana Schlesien/Slesia - l’incetta di alcune materie prime, di cui in Carnia c’era scarsità - segnatamente il lino; la filatura a domicilio da parte delle donne rimaste al villaggio nel corso dei lunghi inverni; la fattura e lo smercio in emigrazione, là dove gli uomini erano pronti a «rubare con gli occhi» le innovazioni tecniche, gli accostamenti di fibre, i segreti delle tinture e ad annotarle sui loro libri di tacamenti, sui loro taccuini, sui loro campionari, in uno scambio e contaminazione continua di quanto vedevano nel mondo.[11]

Infine, vi erano villaggi con specializzazioni particolari, in cui abilità acquisite conservate e tramandate di padre in figlio, davano esiti notevoli in perizia apprezzamenti e guadagni. Così, all’estremo lembo del Canale di San Canciano, nella piccola villa riposta di Pesariis, si sviluppò dalla fine del Seicento l’arte di costruire orologi da torre, da sala, da tasca, lavorando ed innovando nella faria ingranaggi e meccaniche, esportandoli poi in Friuli, Istria, Bellunese.[12] Così, all’estremo lembo della vai di Gorto, nei villaggi di Forni, Avoltri, Sigilletto, Collina l’arte di fondere il bronzo portò alla costituzione di durature imprese per la fabbricazione di campane, cannoni, baldacchini a Wien,[13] Ljubljana,[14] Cheb/Eger.[15]

4. Il fenomeno, così com’è stato descritto, nelle sue linee generali durò per tutta l’Età Moderna. Questa continuità è testimoniata dai cronisti,[16] dai

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HISTOIRE DES ALPES - STORIA DELLE ALPI - GESCHICHTE DER ALPEN 1998/3