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Page:Labi 1998.djvu/193

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Agli inizi del ’700 il contrabbando sembra espandersi incontrollato,[11] nonostante la progressiva mobilitazione di contingenti militari, la designazione della materia a diverse magistrature cittadine e la delegazione dei procedimenti penali al temuto tribunale degli Inquisitori di Stato, che procedeva sbrigativamente e con rito segreto, mentre economisti, politici e giuristi erano ormai costretti ad ammettere con disarmante chiarezza che anche l’opinione pubblica giudicava il reato di contrabbando con bonaria tolleranza.

Si traffica di tutto e in ogni luogo.[12] Lungo le soste istriane e dalmate, a ridosso dei confini con l’impero, col Mantovano, con gli Stati pontifici e col Milanese. Contrattazioni e affari vengono stipulati in luoghi insospettabili, in conventi, in monasteri e in palazzi patrizi, a Venezia e in terraferma. Un flusso ininterrotto di olio, di sale, di granaglie, di sete grezze, di panni di lana, di tabacco, di vino, di pesce salato, di legnami attraversa l’Adriatico, il lago di Garda e i gli impervi sentieri che si diramano dalle valli alpine, dalle province di Bergamo e di Brescia al Friuli.

Lungo tutto l’arco alpino un fittissimo dedalo di varchi, impossibili da controllare e tanto meno da presidiare, permette lo scavalcamento dei confini a contrabbandieri occasionali o abituali, isolati o in grosse formazioni, rinforzati da malviventi e banditi che nelle contrade e nelle foreste della montagna avevano trovato covi e asili, o, ancora, da quella folla di emigranti stagionali e di mereiai ambulanti con la cassetta e il fagotto sulle spalle che entra clandestinamente nelle terre dell’impero, eludendo le misure restrittive adottate dal governo dopo la metà del ’700.

Per le popolazioni valligiane, che conoscono il proprio territorio palmo a palmo e sono in grado di oltrepassare le montagne in ogni stagione e smistare ogni genere di mercanzia, il confine costituisce una fonte di risorse monetarie, di sicuro affidamento, cumulabili in ragione della dimensione dell’impresa o dell’ampiezza del raggio di azione nelle operazioni di smistamento delle merci. I rischi erano contenuti, tenuto conto che i contingenti militari incaricati di reprimere il contrabbando non erano in grado di presidiare le zone di confine, sia per l’asperità dei luoghi e l’esiguità delle forze a disposizione, sia per l’ostilità delle popolazioni locali, preferendo tentare di interrompere il flusso delle merci in pianura. Del resto per gli sbirri sorprendere i contrabbandieri o stanarli dai loro covi erano imprese quasi impossibili, mentre il pattugliamento delle aree più marginali poteva costituire molto spesso un’avventura piena di rischi e quasi disperata. Nel corso della spedizione una squadra di spadaccini poteva essere circondato, disarmato o anche annientato.

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HISTOIRE DES ALPES - STORIA DELLE ALPI - GESCHICHTE DER ALPEN 1998/3