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Giuochi fanciulleschi

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da Canti popolari istriani


GIUOCHI FANCIULLESCHI


l.

PEIE BEL PEIE.


Pele, bel pele.

De duona Marcia;
Che 'sta su la banca,
De cento e ginquanta.
Val oùn, vai dui,

Val tri, vai quatro,
Val gelnque, vai seie,
Val siete, vai uoto,
Pinguoto.


2 .

LA NEVE LA BIANCA.


La neve, la bianca,
Val gento ginquanta.
Val oùn, vai dui,
Val tri, vai quatro,
Val gelnque, vai sete,
Val siete, vai uoto
Pinguoto.

Questo canto ed il precedente s’usano dai fan¬
ciulli prima di cominciare un qualche giuoco, per
conoscere chi debba star sotto . Dopo averneli messi
in cerchio, il maestro della partita, od un altro qualsiasi,
va cantarellando, quasi compitando, questi versi,
toccando ad ogni sillaba un compagno; l’ultima sil¬
laba indica di consueto il condannato. Qualche volta
però avviene il contrario; quello a cui tocca l’ul¬
tima sillaba può andar esente à&M'andar sotto .

Per riscontri di canti congeneri confr. Bernoni,
Giuochi popolari venez pag. 23.


3.

PITO PITOUGNO.


Pito, pitoùgno,
De majo, de zoùgno.
Prendi fora,
’Na biela putiela.
Cumanda Pela,

Atta ’na.Peta:
Ana, Susana,
S’ciupeteìn,

Tetra fora, cudighetn.


4.

PANITI PANITI PANITI.


— « Yerzì li puorte » ?—
— « Li puorte xl rute »
— « File cun$a ».—
— « Tanti anzuli puossa passà ;

Paniti, paniti, paniti »

Var. v . 4. Tanti diavuli, ecc.

Nel giuoco dei Paniti ’, buon numero di fanciulli,
anche d’ambo i sessi, stando incurvati e tenendosi
stretti l’uno a’ panni dell’altro, s’attaccano al capo-
giuoco il quale sta ritto in piedi. — Questi apre un
dialogo con due altri, che tengono le mani unite
cosi da formare quasi un arco, sotto il quale deve
passare tutta la schiera. — Essi poi, a lor volta,
rappresentano i custodi de’ due luoghi, di pena cioè,
e ai godiménto, e s’assumono i due nomi di San
Paolo (San Paolo, al quale viene attribuito qui il
poco onorevole incarico di far da guardiano sulla
porta dellTnferno), e di San Pjiro. — Il caposchiera
adunque domanda venga lasciato libero il passaggio
alla sua banda colle parole del giuoco Ver zi li
puorte (aprite le porte); ed ottenutolo, deve passare,
curvandosi, sotto le braccia unite de’ custodi delle
due porte, e cercare possibilmente di non perdere
nessuno della sua banda. Ma i due, battendo colle
mani sulla schiena dei singoli fanciulli, pronunciano
la nota formola, Paniti, paniti , che dà il titolo al
giuoco, fino a che giunti all’ultimo, cercano di gher¬
mirlo e di staccarlo così dalla catena alla quale è
unito. — Ottenuto ciò e presolo fra le braccia, lo in¬
vitano a determinarsi per l’uno o l’altro dei due luoghi
di destinazione : O de San Pjiro o de San Paolo
Lo fan passare quindi dall’uno o dall’altro dei loro*
lati. Ripetono così la stessa cosa con tutti gli altri
fino al capo-giuoco, preso il quale, nasce un piccolo
tafferuglio fra le due parti, poi ha luogo la riabi¬
litazione.

Confr. un riscontro di giuoco analogo a questo
nel III de’ canti di Napoli, raccolti da Càsetti ed
Imbriani , voi. Ili, pag. 368, di q. Raccolta, e
venez. nel Bernoni, Giuochi popolari venez ., pag. 46.



5.

LIEPI LA LIEPI.


Liepi, la liepi, — liepi, liepi toùs.
Loùca, la loùca, — loùca, loùca toùs !

Liepi , toùs, parole d’ignoto significato. — Giuoco
questo col quale si pigliano per mano due fanciulli,
e procedono formando colle braccia una croce di
Sant’Andrea, avendo cura di mutar l’ordine al pro¬
nunciare la voce toùs. Confr. Bernoni , Giuochi
popolari cenez ., pag. 27.


6 .

GIUOCO DEI FRUTTI.


A li lari, a li lari, a li lari.

€ Ad larem suum recerti licer et » Ovid. È questa
espressione, di fìsonomia prettamente latina, un con¬
trassegno col quale il maestro del giuoco invita i
fanciulli a riporsi in salvo presso di sè, nel così
detto Giuoco dei frutti. Il capo-giuoco, che in questo
caso deve essere pur fornito di qualche cognizione
elementare di botanica, propone ai fanciulli, ragunati
intorno a lui, delle questioni d’alberi da sciogliere.
All’uopo porge loro alcuni dati; comincia dall’al¬
tezza dell’albero, dalla forma delle foglie e del frutto,
e così via, fino a che qualcheduno ne indovina fi
nome. Questi allora, con un fazzoletto ben nodoso
che passa da mano a mano de’ singoli fanciulli, an¬
dando però sempre a finire uno de’ capi nelle mani
del maestro e che, in questo caso, gli viene lasciato
libero, mena botte da orbo su quanti può raggiun¬
gere, fino a tanto che il maestro, mosso quasi a

compassione di quegl’infelici perseguitati, offre loro
un asilo nel sito ch’egli stesso occupa, invitandoli,
col dato segno di richiamo, a rifuggirsi presso di sè.


7.

SCONDI SCONDI LEVERÒ.


Scondi, scondi, leverò,

Ch’el mi’ cagnol xì quà.
Circalo xuta l’ierba.
Che ti lu truverà.
Lu mando, veli! lu mando, veh!
Ciapelo per li ricie e per lu nas,
Puortimelo in. quà.
Scondi, scondi, va nasconderti.

Il canto viene recitato dal maestro del giuoco. •

Questi tiene sulle ginocchia il capo del condannato
a far da cane, gli batte ad ogni sillaba colla mano
sulla schiena, fino a che, pronunciata l’ultima, lo
lascia libero a pigliare quale può dei fanciulli, ed
a condurglielo nel modo accennato dal canto. Il primo
pigliato deve poi, a sua volta, far da segugio agli
altri suoi compagni.

Confi*. Bbrnoni, Giuochi popolari venez., p. 64.


8 .

BUOSSOLO BUOSSOLO CANAREIN.


Buossolo, buossolo canareìn,
Daghe de bivi a ’stu fantuletn;
Daghene puoco, daghene assai,

Per Famur de’ su’ fradai.
Su’ fardai xì andai a la guiera:

Cu’ la spada e la rudiela.
La rudiela monta soùn,
Cun dui eavali bianchi;

Bianchi de siela,
Doùti quanti cui coùl per tiera.

Yar. v . 2. Daghe del pan, ecc.

9. Bianchi de fiera.

Yar. ven., edita dal Bernoni, Pnnt. XII, pag. 10:

Bossolo, bossolo canarin,
Deghe da bever 'sto fantolin;
Deghene poco, deghqne assàe,
Per l’amòr de le s’ciopetàe;
Le s’ciopetàe xè andàe a la guera :
Tuti quanti col cui per tera.

Per la spiegazione del Giuoco confr. lo stesso,
Giuochi popolari vene pag. 25.


9.

SCHERA SCHERA LONGA.


Schera, schera longa,

Me mare, xì pioùn longa;
Me pare xì pioùn coùrto,
Cu cu rugo ,
La galeìna uò fato l’uvo.

Alla fine del canto i fanciulli, che si tengono uniti
colle mani, devono accoccolarsi per imitare quasi la
chioccia .

Cfr. un canto fanciullesco di Napoli, nel voi. Ili,
pag. 368 di q. Racc.




10 .

EL TU CO.


Bindula, bandula,
Pietà buraudula ;
Andemo a Rama, cunparè.
Quante feste? — Vintitrè.
Siliele, canpaniele,
Per andare in spiciareìa,
Tàcheti, tàcheti, scanpa vela.

Yar. v. 7. Teìcheti, tuòcheti, scanpa veia.

Si premette a quei giuochi in cui occorre tirare
a sorte. Uno della comitiva dice questa frottola,
toccando man mano, nel compitare, i compagni;
Tultimo toccato è il designato dalla sorte ad andar
sotto . Cfr. Bernoni, Giuochi popol. venez ., pag. 28.


11 .


RANDA, RANDA.


Randa, Randa,

Chi la voi, me la dumanda.

In questo giuoco le fanciulle, tenendosi l’una
l’altra per mano, fanno'un circolo; una di esse, girando
intorno, canta quel distico, lasciando cadere un faz¬
zoletto o che che sia a’ piedi di qualcheduna, la quale,
di ciò accortasi, lo leva sù, e riprende poi essa a
girare intorno.




12 .

DIN DON.


Din, don,
Canpanon de Yale;
A vignerà siur pare,
El purterà oùna fela,
La nunaruò Mareta.
Mareìa andarò a scola,
Cu 1 la traviersa nuva ;

La vignarò a casa,
Cu’ la traviersa sbregada.
Siur pare cui baston,
Siura mare, cu’ la ruca,
Tàcheti, tàcheti su’ la cupa.

Yar. v. 1. Trù-trù-trù-trù cavalo.

2. La marna ven dal baio.

7. Cu’ la traviersa ruta.

12. Ziuoculi, ciuoculi su la cupa.

Si piglia sulle ginocchia il bambino, e, facendolo
saltellare dolcemente, gli si cantano quei versi.


13.

DIN DON.


' Din, don,

Le canpane de pre’ Simon,
Doùto el giuorno li sunava ;
Pan e veìn li vadignava.

Li vadignava anche un capon,
Li ghe lu puorta a pre’ Simon.
Pre* Simone nun ghe gira,
Li ghe lu puorta a la massiera.

Salta fora un omo suto,
E1 ghe dà un scupeluoto.
A ghe vigniva sangue;
Curi poùr, se ti gà ganbe.

Confr. con un simil giuoco fanciullesco nel Bbr-
noni, Giuochi popol. venez pag. 11.


14.

LA CANZON DE L’OMO FUORTE.


La canzon de Tomo fuorte,
Vuolta la carta, gira dui puorte;
Li dui puorte gira de fiero,
Yuolta la carta, gira un scabielo.
Un scabiel cu’ li bruche d’uoro,
Yuolta la carta, un bucintuoro.

Un bucintuoro pien de galiuti,
Yuolta la carta, uvi coti;
Uvi coti, coti in pignata,
Yuolta la carta, gira oùna gata;
Oùna gata fiva i gatieli,
Vuolta la carta, dui putieli;
’Sti putieli fiva i poùgni,
Vuolta la carta, gira de’ pumi.
E dei pumi e oùna belga de pan,
Vuolta la carta, gira un zigan;


Un zigan tigniva ustareta,
Yuolta la carta, la xì furneìa.
Dopo il o. 12 sogliono seguire anche i seguenti :

Dui putieli fìva i poùgni,
Yuolta la carta, gira dui groùgni;

E dui groùgni de tiera zala,
Yuolta la carta, duona Ciara ;
Duona Ciara monta in ceima,
Vuolta la carta, dui che cena ;

Dui che cena, cena de bon,"
Vuolta la carta, gira un capon ;
Un capon nu* gira mai coto,
Yuolta la carta, gira un uosto ;

Un uosto ’viva la guoba,
Vuolta la carta, gira ouna nosa ;
Oùna nosa gira sica,
Vuolta la carta, oùna mulica ;
Oùna mulica, viva li zate,

Vuolta la carta, duona Cate:
Duona Cate monta in ceima,

  • Yuolta la carta, la xì furneìda.


Confr. Bernoni, Punt. Vili, pag. 7 e dello stesso
Giuochi popolari vene *., pag. 11, nonché un canto
di Avellino e Circostanze, edito dall’lMBRiANi , Pro¬
pugnatore , voi. VII, pag. 187.


15.


F VIEGNO DTN LIVANTE.


I’ viegno cTin Livante,
I’ scontro oùna calada:
Bianca, russa e zala — e biritelna.


Cun su’ fela Fiamita
E1 diavolo in selita — per tri misi.
Oùna barca de Marancbisi
Che tiriva per Siruoco;
Vento de Malamuoco — e Felistrelna.

l’iè velsto oùna galelna
Che fà salti murtali ;

La fa cantare i gali — e la cassida.

l’iè vetsto tri gavule
Inpiantade intu la malta,
l’iè vetsto el patriarca — cun tri peie.

l’iè vetsto tri biele fele
Che baiava in ponta de calcagni,
l’iè vetsto quatro ragni — recamati.

l’iè vetsto la massiera
Che scuvava lu caineìno,
l’iè velsto el malandretno — che la menava.

l’iè vetsto el furlau
Ch’inpiantava la fava cui deto .

Cigando: Adelo , adeio , la xì furneìda.


16.

Seta Mareìa
La barca nn xì meta,
La xì de quii marcante
Che vendo li scuranze,
El li vendo a bumarcà
Boùtala, boùtala là.



17.

Maduona Santa Giara
Inprestime la vostra scala ;
ChY vago in paradelso
A vidi quii biel veiso.