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Ore di città/06

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Tre gatti e un uomo

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Oggi è una giornata da gatti. Piove da ieri e alle quattro è già buio. Accendere la luce? Penso al contatore e vado in portineria a godere il forfait.

Le belle mattine aerate, i pomeriggi di sole fanno scondinzolare i cani per l'allegrezza, ma la pioggia, la domestica pioggia, la casalinga acqua autunnale è gattesca.

In portineria ci sono poche sedie e anche quelle poche sono occupate dai gatti. Non dormono né vegliano. Aspettano. Sono così da millenni, dovunque.

Uno si muove: «Grazie» (posso sedermi)... va sul tavolo...

Questi gatti hanno avuto dal sor Pinin un nome generico, affettuoso e collettivo; si chiamano Angoritt, piccoli gatti d'angora. Hanno anche i loro nomi particolari: c'è el Locch, la Irma e c'è la Mariuccia ma i nomi sono inutili, non li vogliono o non li usano. Difatti avrete osservato che i gatti si sono costituiti fra loro in una specie di gigantesca Società Anonima a componenti illimitati. Tutto il corpo sociale comunica col genere umano e risponde ad esso soltanto a quel versetto caratteristico, a quel piccolo schiocchìo che fa la lingua velocemente mossa contro il palato. A ogni altro richiamo che non siano gli allettamenti culinari la Società Anonima è del tutto sorda.

Fra le siepi e i muretti o magari su su lungo i tronchi degli alberi i tre soci di questa casa si perdono volentieri in esplorazioni venatorie. Ma viene la sera, vien l'ora del pasto e il sor Pinin dice alla sora Erminia: «E le bestie? dove sono le bestie?»

La domanda è un comando. La sora Erminia sa già che bisogna lasciare subito tutto e andarsene in cerca di quelle povere bestie.

Nella mente dei nostri gatti ci dev'essere una misteriosa parentela fra le forbici e la corada perché voi potete vedere la portinaia munirsi appunto di un paio di forbici e con quelle - zacch... zacch... zacch... - andar in giro per la corte e pel giardino. Par di essere nella bottega di un parrucchiere, si ode per la casa quel rumorino secco e radente di quando tagliano i capelli ai clienti.

I Angoritt dai loro recessi lo sentono, pensano alle lame che si affilano, vedono la corada che si affetta, sbucano, son qui e la sora Erminia - zacch... zacch zacch... - torna in portineria con dietro la coera di gatt.

Però non sempre tornano. Qualche volta il sor Pinin aggiunge ai malanni fisici che gli vengono dagli anni e dall'umidità del locale il patema d'animo per qualche gatto disperso.

Tragedie! Il portinaio è colto da una «crisa», deve ricorrere alla digitale! Eccolo a tavola...

«Porta via, porta via tutto...»

A chi lo interroga, risponde: «Lee la me domanda se tasti». (Tastà, in vecchissimo milanese equivale a toccar cibo, mangiar di malavoglia).

E quell'altro, subito, è tenuto a chiedergli:
«Lu el tasta?»
«No, mi tasti no!»

Lo confortano, cercano di farlo ragionare: «Sono sempre tornati, torneranno anche questa volta...»

«No, le dico (è pessimista), mi ha dato un'occhiata prima di andar via...»
... una vera occhiata filiale, di commiato...
S'è messo a letto.
Alla mattina tutti domandano del Locch.
«È tornato?»

Sì, è tornato, è al suo solito posto col muso alla grata di ferro applicata in telaio alla finestra apposta per lui e per gli altri perché non abbiano a essere sempre in giro. Il portinaio dopo questo colpo è come un convalescente. A chi lo felicita per il ritorno del Locch risponde con una frase ermetica:

«Trii tassinitt de latt...»

Lo guardano... delira?

«Trii tassinitt de latt...»

Cercano intorno una spiegazione qualsiasi. Interviene la moglie e spiega che el Locch si era presentato in uno stato di così grave debilitazione che ci vollero tre scodellini di latte per rimetterlo in forza.

La disoccupazione volontaria è una prerogativa dei gatti. L'ozio non è per essi il padre dei vizi, come insegnano a scuola, ma della beatitudine.

Il loro padrone invece... (padrone! oh che parola male appropriata! I gatti non hanno padroni ma ospiti e c'è anche da chiederci se in una casa essi ospitino o siano ospitati) il sor Pinin liutista e in mancanza di meglio fabbricante di chitarre, ha visto declinare a grado a grado l'arte nobilissima degli Stradivari, dei Guarneri, degli Amati...

«Adesso i violini in Germania - zamm... zamm... - li stampano giù come i ravioli!»

El Locch, la Mariuccia e la Irma guardano con indifferenza il loro ospite corrucciato e senza lavoro.

«Cosa ho venduto oggi? Dica lei cosa ho venduto? Un Mi cantino!»
«Ahi!»
La «strèpeta»!

La strèpeta o la strepa è - come dire? - la lombaggine, i dolori nella vita! Non può voltarsi senza un «ahi!» che lo richiama bruscamente al terzo argomento dei suoi discorsi preferiti: «gatti, politica e marangagn» perché il portinaio si occupa principalmente di gatti, poi di politica internazionale e infine dei suoi malanni!

Ai marangagn, termine generico che si può tradurre nei guai dell'uomo ammalazzato, si contrappongono le punte giornaliere dei mali specifici.

Ieri, per esempio, erano di turno i acid rugin, gli acidi urici che il dialetto milanese, con maggior precisione, definisce, come vedete, acidi ruggini (nelle articolazioni). Oggi è la volta dei calli che segnano il tempo e domani magari vedrà scendera e cioè vedrà cenere, avrà la vista offuscata...

Così, colle mani in mano e senza salute il sor Pinin dà ancora dei punti a tanti olimpionici che si ficcano a letto per un raffreddore. Morirà in piedi quest'uomo o, alla peggio, seduto.

Secondo lo spirito popolaresco si compiace di fantasie macabre... Racconta:

«... e quel soldato nella rivoluzione del novantotto che era in brum colla sua testa sulle ginocchia e andava all'ospedale per farsela attaccare?...»

Di casa non esce più. Nei tempi scorsi usciva per recarsi dal Carish o dal Monzino per via delle chitarre ma ora, disoccupato com'è, se ne sta lì tranquillo ad aspettare che il giorno passi.

Ed è passato.

Se fossi un chinese saprei l'ora guardando gli occhi dei gatti. Ai chinesi le pupille dei gatti servono da meridiana; esse si allargano col diminuire della luce e via, via si restringono col crescere.

Andiamo a casa?

Non mi decido. Sto ancora ascoltando oziosamente le storie della sora Erminia che mi narra di un tale (che non conosco) e che s'è messo in di pinicol (nelle pellicole o più precisamente nell'industria cinematografica) e di una signora (pure a me sconosciuta) che la batt el reloch de l'eleganza con quell reland... (leggi: che batte il record dell'eleganza con quel renard) e infine di un altro che - manco a dirlo - «È alla fame!»

Ma il portinaio taglia corto e mette fuori il monito sacramentale:

«Pensa ai tuoi gatti!»